Parlare di architettura al tempo della pandemia non è così irreale e metafisico.
Siamo bombardati da bollettini che elencano luogo per luogo, nazione per nazione il numero dei morti e dei contagiati. Informazioni trasversali ci avvisano di una lenta rivincita della natura che, sbalordita dal vuoto e dal silenzio, timidamente osa avvicinarsi nelle aree colonizzate dagli umani. Diversi studi confermano una certa corrispondenza tra inquinamento ambientale e numero delle contaminazioni. Sembra che questo virus preferisca soggiornare tra le polveri sottili, le cosiddette PM10, che si liberano dalle attività industriali, dai gas di scarico, dal riscaldamento domestico, ma anche dagli alleva menti intensivi e dagli inceneritori. Questo piccolissimo essere è riuscito a rinchiuderci nelle nostre case, a fermare la macchina della produzione e dei consumi facendo cessare quasi tutte le attività umane.