Smart Working. La rivoluzione del lavoro intelligente

"Smart significa intelligente. Il luogo e l’orario in cui si lavora non bastano per rendere intelligente un lavoro. Però, aiuta. Un lavoro, per essere intelligente, deve produrre cose e idee intelligenti in modo intelligente. Lo smart working riguarda il modo, il come, non il che cosa. È già un passo avanti ma non è tutto.to".

Da più parti si sente dire che il telelavoro e soprattutto lo smart working sono una nuova filosofia manageriale. Questo libro vorrebbe rendere esplicita questa filosofia e compararla con i pochi frutti concreti che essa ha dato e con i molti che potrebbe dare. La tesi esposta da cui esso parte è semplicissima.

Per millenni, fino alla metà del Settecento, i contadini e gli artigiani rappresentavano più del 70% della popolazione attiva e le forme più rappresentative del lavoro erano la fattoria, la bottega e lo studio professionale nella casa del professionista. Durante la fase industriale, dalla metà del Settecento alla metà del Novecento, i manovali e gli operai hanno rappresentato il 70% delle forze di lavoro e la forma più rappresentativa del lavoro sono state la fabbrica e l’ufficio. Nella società postindustriale, quella che noi stiamo vivendo dalla metà del Novecento in poi, gli impiegati, i manager, i professionisti rappresentano il 70% dei lavoratori e la forma più rappresentativa è lo smart working. Come il passaggio dal lavoro nelle botteghe a quello nelle fabbriche richiese alcuni decenni, così il passaggio dal lavoro negli uffici allo smart working richiederà ancora del tempo ma la pandemia del coronavirus ha inaspettatamente accelerato il processo che proseguiva con lentezza eccessiva a causa di un tenace rifiuto delle aziende e delle pubbliche amministrazioni.

(tratto dall'Introduzione del libro Smart working. La rivoluzione del lavoro intelligente)

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