Il movimento architettonico moderno nasce nel periodo tra le due guerre,
tra le speranze e le utopie di una rivoluzione socialdemocratica: l’obiettivo
è una risposta concreta e funzionale alle drammatiche trasformazioni
sociali ed economiche provocate dalla rivoluzione industriale. Progettisti e
committenti maturano la convinzione che le moderne realtà economiche
e produttive necessitano di un'architettura senza riscontro nel passato con
soluzioni concrete e congruenti e con la funzionalità del tempo e del luogo.
Nel movimento moderno, l’Italia, durante il regime fascista, genera il
Razionalismo per accogliere le esigenze di una società nuova e rispondere al
boom demografico, utilizzando al meglio gli spazi.
Mussolini trasformò radicalmente il modo di costruire, aderendo
al modernismo e al razionalismo, fino alla svolta influenzata dal
monumentalismo tedesco (Eur di Piacentini). L’enorme capacità progettuale
vede in Roma, ripensata e ricostruita attraverso l’opera di grandi architetti di
prestigio come Giuseppe Terragni, l’icona del paese.
“La cultura architettonica italiana aderì in gran parte al fascismo che ebbe
la capacità di investire, anche economicamente, aprendosi alle tendenze del
Novecento” (Ernesto Galli della Loggia).